Aspetti psicologici della transizione alla genitorialità per coppie con difficoltà di concepimento

Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.

Alda Merini, da “Clinica dell’abbandono”

 

Costruire un nido solido e in grado di proteggere il proprio bambino è uno dei doni più importanti che un genitore può fare al proprio piccolo. In una coppia, ciascun partner, deve prestare molta attenzione a questo processo, affinché si formi un nido robusto, che possa favorire il concepimento, l’attecchimento dell’embrione all’utero e la gravidanza stessa.

Maggiori saranno le difficoltà e i tempi di concepimento, maggiore sarà l’impegno richiesto alla coppia per la co-costruzione del nido e il contemporaneo (e necessario) mantenimento di una serenità individuale e di coppia in grado di accogliere il bambino, se e quando arriverà.

La fase di transizione alla genitorialità è un evento molto delicato che comporta una serie di cambiamenti e di adattamenti psicologici, fisici e sociali in tutte le coppie che si avvicinano ad avere un figlio, ancora di più lo è per coloro che hanno alle spalle un vissuto di infertilità.

L’adattamento al nuovo ruolo genitoriale in queste coppie può risultare più complessa e faticosa in quanto risente di tutti gli anni passati nell’esperienza dell’infertilità e delle possibili precedenti perdite.

Il passaggio da uno stato prolungato di infertilità ad uno potenziale di genitorialità richiede una rapida ridefinizione dell’identità, che può generare uno stato di confusione iniziale.

Da un lato può generare sentimenti di estrema gioia, soddisfazione e felicità per la gravidanza in corso, dall’altro di ansia e angoscia per la paura di una possibile perdita del bambino.

  • Nel primo caso, per la futura madre, ancora in bilico tra delinearsi infertile o incinta, sarà difficile trovare il modo di comunicare i propri momenti di sconforto o i più piccoli problemi legati alla gravidanza, perché vivono e descrivono la gravidanza solamente in termini di esperienza gratificante e appagante, mentre negano le difficoltà psicologiche e fisiche di questo stato, dato il loro trascorso. Dopo la lunga attesa del concepimento, alcune donne “idealizzano la gravidanza” e si convincono che la loro gravidanza sarà solo un periodo di felicità e benessere e si sforzano di distanziarsi dai normali sentimenti di ambivalenza e inquietudine che una gravidanza comporta. Dopo il parto queste madri potrebbero presentare una minore autostima e più sfiducia circa la loro abilità di prestare un adeguato accudimento al neonato.
  • Nel secondo caso, alcune coppie possono sviluppare un atteggiamento ipervigile e di controllo, con uno stato di paura esagerata per ogni minimo e insignificante sintomo. Si possono sviluppare paure eccessive che le portano a contattare in continuazione il medico per ricevere rassicurazioni circa l’evoluzione della gestazione.

L’ansia compare perché vivono la gravidanza con scarsa fiducia; sono in costante allarme per un possibile segnale che annunci un aborto imminente, perché incapaci di credere di poter mettere al mondo un figlio. Se c’è stata una precedente perdita di gravidanza, l’ansia è notevolmente più alta in entrambi i partner e aumentano le difficoltà di fronteggiamento di ogni minimo problema, insieme a un senso di distacco emotivo.

Ricercheranno più rassicurazioni sulla salute dei loro figli, nella speranza di essere genitori perfetti; inoltre, valuteranno il figlio come un bene troppo prezioso da cui dipende la felicità del nucleo familiare. Il bambino diventa una cura per ogni ferita psicologica causata dalle difficoltà riproduttive e si sentono responsabilizzati enormemente verso di lui.

In queste coppie è più probabile che si sviluppi un attaccamento iper-protettivo al bambino, che rende più difficile il processo di separazione ed individuazione tra genitore e figlio e lo sviluppo della sua autonomia.

Quindi, in entrambe le situazioni, è necessario sia promuovere l’acquisizione di un nuova identità di coppia genitoriale, sia dare spazio all’elaborazione dell’esperienza passata di coppia infertile.

Se per le donne lo sviluppo dell’identità materna avviene già quando fanno esperienza del bambino nella pancia, per gli uomini è la nascita l’evento significativo.

Il bambino fantasticato e tanto desiderato è ormai diventato reale e presente; prendere consapevolezza di questa nuova realtà ed essere capaci di investire emotivamente nella costruzione di un legame di attaccamento con il figlio è il primo passo per mettere energia in questa nuova avventura di vita.

Un aiuto che lo psicologo e psicoterapeuta può dare è aiutare le coppie ad esprimere nella relazione i sentimenti che hanno caratterizzato la fase di non concepimento, che non va negata ma bensì elaborata per lasciar spazio ad una nuova realtà.

Inoltre, è utile aiutare la gestione dell’ansia che generalmente accompagnano la fase di gestazione, perché a volte è più evidente la paura di perdere il figlio.